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Rapporto tra parodia e diritto d’autore: il caso Vandersteen

Studio MES ci spiega quale sia il giusto rapporto tra parodia e Diritto d’autore: quando un’opera rientra nel campo della parodia e se e quando è necessario ottenere il consenso dell’interessato.

La normativa italiana sul diritto d’autore prevede dei casi eccezionali, nei quali la diffusione e l’utilizzo di un’opera viene ritenuta “libera”. Ciò significa che il suo utilizzo, in ragione di un interesse generale che prevale sull’interesse personale dell’autore, è svincolato dal rispetto dei limiti tipici discendenti dalla tutela dei diritti di quest’ultimo.

In più di un’occasione ci si è chiesti se ai fini della realizzazione della parodia di un’opera,
l’interessato debba ottenere la liberatoria da parte dell’autore dell’opera principale, oppure se possa procedere anche senza l’ottenimento del consenso da parte di quest’ultimo.

Al riguardo, la giurisprudenza italiana ha storicamente tutelato la possibilità di effettuare la parodia di un’opera, tantoché la parodia stessa veniva considerata come un’opera a sé stante. Anche a livello normativo, la parodia veniva fatta rientrare nell’eccezione al diritto d’autore contenuta all’art.70 della legge sul diritto d’autore, cioè tra i casi di uso a scopo di critica o di discrezione.

Alcuni dubbi in materia, tuttavia, sono sorti in ragione della circostanza che la normativa italiana non definisce cosa si intenda per “parodia”. La stessa problematica si presente in molti altri Stati europei, così da generare incertezza negli artisti.

Proprio in relazione alla disciplinata riservata alle parodie, è intervenuta nel settembre 2014 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, alla quale era stato richiesto di stabilire:

  • Se la nozione di “parodia” sia una nozione autonoma del diritto dell’UE;

e, in caso di risposta affermativa:

  • Se una parodia debba rispettare determinati requisiti per essere definita tale, e quindi per essere tutelata.

IL CASO VANDERSTEEN

Il caso trattato dalla Corte di Giustizia riguardava un fumetto realizzato nel 1961 da Willy Vandersteen e divenuto molto celebre in Belgio. Un politico belga, in occasione di una festa di Capodanno, aveva distribuito agli invitati un calendario che nelle sue pagine conteneva la parodia di uno dei personaggi del fumetto “Bob e Bobette”. La parodia raffigurava il politico belga vestito totalmente in bianco mentre gettava a terra delle monete che le altre persone si apprestavano a raccogliere, similmente a quanto veniva raffigurato nel fumetto originale dell’artista Vandersteen.

Quest’ultimo, ritenendo che il disegno e la sua comunicazione al pubblico violassero il diritto d’autore, si è pertanto rivolto al Tribunale e alla Corte d’Appello di Bruxelles per fermare la diffusione della parodia della sua opera.

Mentre il Tribunale aveva rigettato l’istanza, la Corte d’Appello di Bruxelles si è rivolta alla Corte di Giustizia dell’UE affinché facesse chiarezza sui due punti precedentemente menzionati.

Con riguardo al primo aspetto, cioè se il concetto di “parodia” abbia un’identità univoca e
autonoma a livello europeo, la Corte ha evidenziato che la direttiva 2001/29/CE menziona il concetto di “parodia” all’art. 5, paragrafo 3, lettera k) e che, pertanto, rappresenta una nozione autonoma dell’Unione Europea.

Specificato ciò, i giudici della Corte hanno tentato di definire quali caratteri debba vantare un’opera per essere qualificata come parodia.

La definizione di parodia secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea

La Corte di Giustizia dell’UE ha specificato che, poiché il termine “parodia” viene indicato nella direttiva 2001/29/CE tra le eccezioni al diritto d’autore, ma non ne viene data una definizione, è necessario affidarsi al significato abituale del termine nel linguaggio corrente.

In questo senso, la Corte ha affermato che: “la parodia ha come caratteristiche essenziali, da un lato, quella di evocare un’opera esistente, pur presentando percettibili differenze rispetto a quest’ultima, e, dall’altro, quella di costituire un atto umoristico o canzonatorio”.
Da ciò ne consegue che alla parodia non è richiesto di mostrate un proprio carattere originale, bensì è sufficiente che presenti delle differenze percepibili rispetto all’opera originale parodiata, che faccia ragionevolmente ritenere che è stata creata da un autore diverso da quello dell’opera originale. La parodia, inoltre, dovrebbe indicare la fonte dell’opera parodiata.

Al riguardo, la Corte ha poi voluto precisare che la parodia costituisce un’eccezione al diritto d’autore in ragione del principio di libertà d’espressione e di altri interessi generali. Tuttavia, sempre la Corte ha voluto aggiungere che le eccezioni al diritto d’autore mirano a mantenere un “giusto equilibrio” tra i diritti e gli interessi degli autori dell’opera primaria, da un lato, e la libertà di espressione degli utenti, dall’altro.

Nel caso in questione, la Corte ha fatto notare che dal momento che, nel disegno distribuito dal politico belga, i personaggi che nell’opera originale raccoglievano le monete gettate sono stati sostituiti da persone che indossano un velo e da persone di colore, tale disegno trasmette un messaggio discriminatorio che produce l’effetto di associare l’opera protetta ad un siffatto messaggio.

In questo senso, l’autore del fumetto di cui è stata fatta la parodia ha interesse che la sua opera non sia in alcun modo associata a messaggi di sfondo raziale. Spetterà al Tribunale di Bruxelles, sulla base delle indicazioni date dalla Corte di Giustizia dell’UE, stabilire se vi sia un equilibrio tra libertà d’espressione e interessi dell’autore dell’opera principale a non vedere diffusa una parodia della sua opera contenente messaggi discriminatori.

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Utilizzo non autorizzato di una mia opera: quali i rimedi?

Nel corso della carriera di un autore, non è raro che questi debba imbattersi nell’utilizzo non autorizzato ed illecito di una sua opera da parte di altri soggetti. Studio Mes ci aiuta a comprendere il fenomeno e ci suggerisce possibili rimedi.

Innanzitutto Tale problematica si è accentuata con la diffusione del web 2.0, in particolare con la diffusione dei social network e delle piattaforme di messaggistica come Whatsapp e Telegram.

Infatti, se da una parte questi strumenti rappresentano un’importante risorsa a vantaggio degli autori per pubblicizzare e commercializzare le loro opere, dall’altra hanno contribuito a rendere più frequenti i casi di violazione del diritto d’autore e di diffusione di contenuti non autorizzati.

A fronte di un simile contesto, è importante che l’autore abbia una visione generale di quali sono i rimedi a sua disposizione nel caso in cui una sua opera venisse distribuita illecitamente sia nel web che offline.

TRE ALTERNATIVE
Le soluzioni che possono essere fatte valere dall’autore sono riassumibili in tre alternative: la prima utilizzabile per ogni caso di sfruttamento non autorizzato dell’opera; la seconda e la terza solamente qualora l’utilizzo illecito si svolgesse mediante piattaforme sul web.

Il rimedio offerto dalla legge sul diritto d’autore

Se l’autore è a conoscenza che una sua opera è stata riprodotta e/o distribuita senza la sua autorizzazione, l’art. 156 della LDA gli permette di richiedere l’immediata cessazione di tale utilizzo. Più nello specifico, l’articolo menzionato disciplina l’azione inibitoria, la quale è utilizzabile se l’autore:

  1. ha ragione di temere che la sua opera sia assoggetta ad un utilizzo non autorizzato;
    oppure
  2. intende impedire la continuazione o la ripetizione di una violazione al diritto d’autore già avvenuta.

Questo rimedio è particolarmente celere, potendo essere fatto valere in via cautelare.

Per ottenere l’azione inibitoria, l’autore deve dimostrare di essere l’autore dell’opera e il fatto che, se tale utilizzo non autorizzato non cessa, o se non viene fermato prima di cominciare, ne verrà pregiudicato. Quest’ultimo requisito, nella pratica, viene spesso considerato “insito” nel concetto di “diritto d’autore”, ritenendo che il titolare dell’opera subisca sempre un pregiudizio se questa viene utilizzata illecitamente.

Se il giudice ritiene la richiesta fondata, pronuncerà l’inibitoria, ordinando con un apposito provvedimento la cessazione di ogni sfruttamento illecito dell’opera. Al riguardo, è interessante sapere che per questa tipologia di violazione, il giudice può stabilire una somma che dovrà essere versata ogniqualvolta il provvedimento assunto dovesse essere ulteriormente violato.

L’autore, qualora ritenga di avere subito un danno economico, può ovviamente richiedere al giudice il risarcimento del danno, il quale verrà determinato sulla base delle perdite subite e dal mancato guadagno generato. Nel caso in cui l’ammontare del danno non sia dimostrabile, si potrà richiedere al giudice di quantificarlo in una somma che ritiene “equa”.

Per ultimo, l’autore può richiedere la distruzione o rimozione delle opere diffuse illecitamente e delle apparecchiature utilizzate per la loro riproduzione e diffusione.

Come agire nel caso di diffusione sul web della propria opera

Come si diceva inizialmente, la tecnologia ha comportato una maggior velocità di diffusione dei contenuti e, in alcuni casi, ha reso più complicato risalire all’identità di colui che ha messo in circolazione illecitamente l’opera. Per rendere la tutela degli autori effettiva è pertanto necessario conoscere alcuni rimedi che sono stati previsti ad hoc per il caso di violazioni avvenute sul web.

L’art. 163 LDA e il decreto legislativo 70/2003 – quest’ultimo relativo a servizi della società dell’informazione – hanno previsto la possibilità di ordinare direttamente al titolare del sito internet (o di qualunque altro servizio offerto online, come le piattaforme di messaggistica) di rimuovere i contenuti indicati dall’autorità giudiziaria come illeciti.

Quando non sia possibile identificare immediatamente colui che ha distribuito l’opera senza autorizzazione, l’autore può quindi richiederne al service provider la rimozione, in modo tale da evitare ulteriori pregiudizi economici.

La soluzione offerta dall’AGCOM

Un’ultima soluzione, che risulta particolarmente interessante quando c’è l’esigenza di rimuovere l’opera dal web nei temi più brevi possibili, è quello di utilizzare il procedimento appositamente previsto dall’AGCOM, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

Esiste, infatti, un procedimento previsto dal Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica emanato dall’AGCOM in attuazione del decreto legislativo menzionato nel paragrafo precedente, che risulta essere molto celere ed efficace.

In questo caso è consentito all’autore di richiedere all’AGCOM – attraverso la trasmissione a quest’ultima di un’apposita istanza – che venga ordinata in via cautelare la cessazione di ogni violazione. La peculiarità, in questo caso, è che il destinatario della richiesta non è colui che ha commesso la violazione bensì il titolare della pagina internet sulla quale è stata messa a disposizione l’opera.

Lo scopo di questo procedimento è quindi unicamente quello di bloccare lo sfruttamento illecito dell’opera, mentre l’eventuale risarcimento e identificazione del soggetto che ha commesso l’illecito potrà essere perseguito attraverso i procedimenti descritti precedentemente. L’istanza, se adeguatamente motivata, verrà accolta e porrà fine alla violazione del diritto d’autore e ordinerà la rimozione dell’opera dal sito web nel termine di cinque giorni dalla sua trasmissione all’AGCOM.

Per ottenere un esito positivo attraverso questo particolare procedimento è fondamentale che l’istanza venga predisposta in modo adeguato. L’art. 6 del Regolamento prevede infatti che venga trasmesso all’AGCOM un apposito modulo al quale deve essere allegata la documentazione che dimostri la titolarità del diritto in capo all’autore. Se il ricorso viene dichiarato ricevibile, verrà trasmesso ai gestori della pagina internet e, se rintracciabile, all’uploader, cioè a colui che ha caricato online il contenuto.

Qualora il titolare della pagina web destinatario dell’ordine di rimuovere i contenuti illeciti non dovesse adempiere, sono previste delle sanzioni amministrative pecuniarie nei suoi confronti.

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Una sentenza discutibile. Il caso Scarpa contro Mondadori Spa

Studio MES chiarisce quali sono i diritti del fumettista che lavora su personaggi già esistenti, partendo dal caso Scarpa contro Mondadori S.p.a.

Anche il 2021 è ormai giunto al termine e prima di festeggiare il nuovo anno è tradizione per l’Associazione Italiana Editori (AIE), in collaborazione con ALDUS UP – rete europea delle fiere del libro e Lucca Comics&Games, presentare la classifica dell’andamento dei fumetti in Italia.

Ebbene, tale classifica ha dimostrato non solo che tra i libri più venduti nel Paese ci sono proprio i fumetti, ma anche che i lettori italiani – più di 9 milioni- sono tra i più esigenti in Europa. Questa crescita esponenziale del mercato fumettistico porta inevitabilmente gli Editori a reclutare nuovi disegnatori, sceneggiatori e Autori in grado di soddisfare le sempre maggiori esigenze dei lettori: trame coinvolgenti e ricche di suspence.

Orbene mettiamo il caso che un giovane lettore, con la passione per la lettura e per il disegno, decida un giorno di voler contribuire personalmente alla realizzazione di un fumetto. Così, dopo aver frequentato numerosi corsi, laboratori, e scuole, passando le notti a fare schizzi, bozze e tavole, viene finalmente contattato da un Editore per la realizzazione di un fumetto avente come protagonisti i personaggi appartenenti all’universo disneyano. Un sogno che diventa realtà per il giovane talento che senza pensarci due volte firma il contratto. Il fumetto ha un enorme successo tanto che raggiunge gli apici della classifica della top 10 italiana dei libri più letti della settimana. Alla scadenza del contratto il giovane, bussando alla porta dell’Editore, chiede la restituzione delle tavole originali da lui realizzate con tanta passione e impegno. L’Editore spiega al ragazzo che il contratto sottoscritto era da intendersi come contratto d’opera e non di edizione, per cui la restituzione di quanto dal giovane richiesto era da escludersi. E adesso?

Il caso che abbiamo esposto non è tutto frutto di immaginazione, ma è la ricostruzione di una nota vicenda che vide coinvolto uno dei maggiori Autori di fumetti italiani e una delle maggiori case editrici italiane: ci riferiamo al caso Romano Scarpa contro Mondadori S.p.a. La controversia riguardava la pretesa dell’Autore alla restituzione delle tavole originali da lui create relative a circa quattrocento storie con personaggi Disneyani, pubblicate su Topolino e su altre testate italiane e straniere. Il processo si è articolato in due gradi ed entrambi videro la vittoria dell’Editore. Scarpa, proprio come nel caso poco fa esposto, aveva ottenuto il rifiuto da parte di Mondadori alla restituzione delle tavole originali da lui disegnate e per questa ragione ricorreva al Giudice, sostenendo l’errato inquadramento del rapporto di lavoro come contratto d’opera, dovendosi invece qualificarsi come contratto di edizione con la conseguenza che l’esemplare originale dell’opera doveva rimanere all’Autore.

La risoluzione della questione – esatto inquadramento contrattuale.

Il Tribunale di Milano ha risolto la questione ritenendo che l’accordo intercorso tra le parti fosse da qualificarsi come contratto d’opera ai sensi dell’art. 2222 c.c.; non, dunque, come contratto d’edizione ai sensi dell’art. 118 della LDA. Il Giudice è giunto a tale conclusione sulla base del ragionamento che di seguito riportiamo: “nel caso di specie, in assenza di un accordo scritto tra le parti, gli unici elementi certi del rapporto intercorrente tra Scarpa e Mondadori erano due:

1) l’Editore si rivolge all’Autore per compiere un lavoro di realizzazione di fumetti aventi come protagonisti i personaggi appartenenti all’universo disneyano;
2) Scarpa accettava la proposta e vi dava esecuzione realizzando quanto richiesto presso il proprio domicilio e con i propri mezzi.

Questi descritti sono gli elementi caratteristici tipici del contratto d’opera, per cui una parte si obbliga nei confronti dell’altra a compiere una determinata opera, al contrario del contratto di edizione dove è l’autore a proporsi all’editore. […] inoltre, il rapporto instaurato tra le parti doveva qualificarsi come contratto d’opera, in quanto mancava completamente l’oggetto del contratto di edizione: l’opera dell’ingegno.

Occorre, infatti, distinguere tra “opera dell’ingegno” ed “esecuzione o specificazione artistica”, ancorché di altissimo livello e pregio, che può porsi all’interno di un’attività creativa già realizzata – nelle sue linee essenziali – da altri.
Sussiste contratto d’opera e non contratto di edizione nel caso dell’elaborazione di disegni di personaggi o di disegni di personaggi e loro battute incorporate nella vignetta (“fumetto”), personaggi tutti appartenenti alla creazione artistica originale di Walt Disney, dovendo l’esecutore dell’opera rispettare la gamma dei personaggi disneyani e, per ciascuno di essi, comportamenti, modi di essere interni (psicologia) ed il valore simbolico attribuiti – all’atto dell’invenzione originaria – dell’autore.

Deve pertanto respingersi la domanda di restituzione delle tavole contenenti i disegni ed i fumetti commissionati, trattandosi dello stesso oggetto del contratto d’opera: il dovere del prestatore si attua – infatti – con il compimento dell’opera che necessariamente passa in proprietà del committente come bene materiale oggetto del contratto. Il compito di Romano Scarpa era quello di elaborare fumetti appartenenti all’universo disneyano, cioè “l’attuazione di un’opera di esecuzione e specificazione che presupponeva e doveva muoversi all’interno di un’invenzione già definita”.
Poco oltre, infatti, il Giudice così conclude: “Scarpa non ha creato un’opera originale, ma ha lavorato su una creazione altrui, i cui personaggi hanno caratteristiche fisiche e psicologiche da rispettare” (Tribunale Milano, 24/04/1992 in Dir. Autore 1993, 273).

Sono doverose due considerazioni alla luce di quanto sin qui esposto.

In primo luogo, si deve rilevare che Scarpa non ha proposto ricorso in Cassazione avverso la sentenza di secondo grado emessa dal Tribunale Di Milano, pertanto non possiamo ad oggi sapere se la vicenda si sarebbe conclusa diversamente.
Inoltre, si rileva che una simile decisione non può essere utilizzata a modello per casi simili, ma ogni situazione va analizzata singolarmente caso per caso. Infatti, se così non fosse, rischieremo di non tutelare adeguatamente tutti coloro che realizzano serie di fumetti: i c.d. Autori di Serie. Molti personaggi come Tex, Dylan Dog contano sull’apporto creativo di Autori che lavorano a singole storie i cui protagonisti sono stati creati da altri e che rientrano in intrecci narrativi di lungo periodo, concepiti e seguiti dagli autori originari.

Anche la serie deve essere considerata un’opera dell’ingegno ai sensi della definizione data dal Tribunale di Milano nella sentenza sopra riportata. È anche il caso di molti personaggi Disney, protagonisti di migliaia di storie realizzate da centinaia di autori diversi. L’immagine che noi abbiamo di Paperino, ad esempio, è il risultato di una continua stratificazione di storie e situazioni dovute all’apporto di più autori, tanto che possiamo parlare di Paperino come di un personaggio a “creazione progressiva”. In conclusione, possiamo ritenere che se gli autori originari hanno contribuito in modo fondamentale a dare vita al personaggio, altrettanto deve dirsi di chi ha contribuito a creare le singole storie particolarmente originali e creative.

Conclusioni

Tornando al caso analizzato all’inizio del presente articolo, immaginando di dover prendere oggi le difese del signor Scarpa, di certo nel valutare se lo stesso possa essere qualificato come Autore, dobbiamo tenere conto del ruolo effettivo che ha avuto nella produzione di storie e racconti raffiguranti i personaggi disneyani.

In particolare, la critica fumettistica ha più volte delineato e celebrato la sua figura. Romano Scarpa ha anche vinto, nel 1995, il premio Yellow Kid alla carriera. Inoltre, la stampa ha sempre messo in rilievo la capacità di Scarpa di tratteggiare psicologicamente i personaggi, di tessere trame avvincenti e mai banali, di inserire notazioni satiriche o moralistiche, di introdurre sapienti citazioni. L’autore ha sicuramente attinto dall’universo disneyano e dai suoi personaggi, ma ha saputo rielaborarlo utilizzando invenzioni narrative personali. Non è vero, dunque, che Scarpa si è semplicemente inserito in un canovaccio preideato da Walt Disney, come ha sostenuto il Tribunale di Milano.
Ugualmente, non è vero che l’opera di esecuzione e/o di specificazione da lui realizzata si muoveva all’interno di un’invenzione già definita, come ha argomentato il Giudice. Infatti, pur rimanendo apparentemente fedele alla tradizione, per quanto riguarda alcuni elementi di fondo della psicologia dei personaggi, Scarpa ha oggettivamente rielaborato e innovato l’universo Disney, addirittura introducendo nuovi personaggi come Trudi (la compagna di Gambadilegno) e Brigitta (l’eterna pretendente della mano di Paperone).

Va inoltre ricordato che la persona fisica di Walt Disney non è la creatrice di tutti i personaggi ad essa associati e attribuire a lui la paternità di tutto ciò che è definito “Disney”, anche quando prodotto dopo la sua morte, significherebbe, come sostenuto dalla dottrina più autorevole, oltre che “violare il diritto morale dei veri autori, conferire al nome “Disney” quasi un potere magico di attrazione su tutto ciò che ha come protagonista Topolino o personaggi analoghi. Tutto ciò è giusto?

Ai posteri l’ardua sentenza.”.

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Pubblicare su Instagram e Diritto d’autore

Studio MES ci spiega come funziona il Diritto d’autore quando si pubblica su Instagram.

Per molti professionisti, Instagram è diventata un’importante vetrina dove promuovere la propria attività. È frequente incontrare account nei quali vengono pubblicate le opere di artisti di ogni genere, come visual designers, vignettisti, fotografi, stilisti e tanti altri ancora. Sicuramente, uno degli elementi che spinge gli autori a esibire le proprie opere in Instagram è la ridotta entità dell’investimento – potenzialmente a costo zero – e la possibilità di incrementare notevolmente la propria visibilità.

Nonostante Instagram abbia ottenuto una diffusione massiva, ci sono varie domande ricorrenti tra gli utenti che spesso trovano risposte incerte, ma delle quali un artista dovrebbe conoscere le risposte per fare un utilizzo consapevole della piattaforma.
Tra le domande ricorrenti, la prima riguarda:

  • chi sia il “vero proprietario” dei contenuti pubblicati dagli utenti sulle piattaforme social. In particolare, capita di chiedersi quali diritti la piattaforma può vantare sui contenuti caricati sul proprio account.

Allo stesso tempo, può essere utile domandarsi:

  • entro quali limiti gli altri utenti possono interagire con detti contenuti e se vantano alcun diritto sugli stessi.

Lo scopo di questo articolo, quindi, è dare una risposta a tali domande.

Rapporto tra utente e Instagram

Il primo elemento da conoscere è che quando una persona si registra in un social network stipula un vero e proprio contratto con la piattaforma. Il contenuto del contratto consiste nelle “condizioni d’uso”, cioè quel documento di cui viene sempre richiesta l’accettazione in fase di registrazione.

È nel contratto stipulato tra l’utente ed Instagram che viene infatti regolamentato ogni dettaglio del rapporto tra i due, rientrandovi anche la disciplina del diritto d’autore sui contenuti pubblicati dall’utente.
Ebbene, per dare una prima risposta alle domande che ci si era posti, va innanzitutto chiarito che la pubblicazione di un’opera in Instagram, non comporta la cessione di nessuno dei diritti riconosciuti all’autore.

Il contratto con Instagram, infatti, non prevede nessuna cessione dei diritti d’autore a favore della piattaforma. Ciò che viene concesso, invece, è la licenza di utilizzare detti contenuti. La differenza tra i due concetti è notevole: mentre la “cessione”, comporta il trasferimento del diritto a favore di un altro soggetto, la “concessione” è qualificabile come un’autorizzazione allo sfruttamento di determinati diritti.

Nel contratto è indicato che Instagram, al fine di poter offrire i propri servizi – cioè condividere i contenuti tra gli utenti – richiede ai medesimi utenti la concessione di alcuni diritti.

In particolare, viene specificato che:

Quando l’utente condivide, pubblica o carica un contenuto coperto da diritti di proprietà intellettuale (ad es. foto o video) in relazione o in connessione con il nostro Servizio, ci concede una licenza non esclusiva, non soggetta a royalty, trasferibile, conferibile in sublicenza e globale per la conservazione, l’uso, la distribuzione, la modifica, l’esecuzione, la copia, la pubblica esecuzione o la visualizzazione, la traduzione e la creazione di opere derivate dei propri contenuti (nel rispetto delle impostazioni di app e privacy). La presente licenza cesserà di esistere una volta eliminati i contenuti dell’utente dai sistemi di Facebook1“.

Come emerge dalla lettura del contratto, Instagram non sottopone l’utente a nessun vincolo riguardante le modalità di utilizzo delle opere pubblicate. La concessione della licenza ha infatti carattere non esclusivo, ed è prevista la facoltà da parte dell’utente di revocarla in qualsiasi momento, attraverso la cancellazione del proprio account (oppure eliminando il singolo contenuto).

Rapporto tra gli utenti

Appurato, dunque, che l’utente ha la possibilità di revocare in ogni momento la licenza d’uso concessa ad Instagram, vediamo ora come è disciplinata la circolazione dell’opera sulla piattaforma.

Anche qui, la risposta si trova nel contratto, e quindi nelle “condizioni d’uso”. È chiaro, infatti, che fintanto che l’opera è pubblicata sulla piattaforma può liberamente circolare tra gli utenti, i quali la potranno visualizzare ed inviare agli altri utenti di Instagram. Va però tenuto presente che all’utente è consentito visualizzare, condividere e inviare l’opera unicamente in Instagram. Al contrario, non è consentito all’utente effettuare il download dell’opera né tantomeno inviarla ad altre persone attraverso altri canali.

Le condizioni d’uso, come si diceva, prevedono infatti la concessione a favore di Instagram della licenza d’uso delle opere, rientrando tra i diritti concessi anche quello di riprodurre l’opera sulla piattaforma.

Gli altri utenti, pertanto, possono visualizzare i contenuti dei quali Instagram è divenuto licenziatario, ma non possono effettuarne il download. Scaricare l’opera sul proprio dispositivo configurerebbe infatti l’appropriazione di una copia dell’opera senza il consenso dell’autore.

Conclusioni

In conclusione, all’artista che volesse utilizzare Instagram per pubblicizzare le proprie opere non sarà richiesta alcuna cessione dei diritti d’autore sull’opera, bensì una concessione temporanea e non esclusiva di alcuni diritti di utilizzazione.

Agli altri utenti, in ragione della presenza in Instagram dell’opera, sarà invece concesso visionarla e condividerla, ma solo all’interno della piattaforma. Ogni utilizzo distinto, come il download o il suo invio su canali non consentiti configurerà una violazione del diritto d’autore.

In ogni caso, è sempre consigliabile inserire nell’opera un segno identificativo dell’autore, come un logo o una firma. Questa soluzione permette all’artista di avere la certezza che se della sua immagine venisse fatto un uso non consentito – come il download o la diffusione su altre piattaforme – nell’opera sarà sempre presente un elemento che riconduca la stessa all’autore originale.

NOTE
1. Il riferimento a Facebook è dovuto alla circostanza che Instagram è un prodotto appartenente al gruppo Facebook.

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Codice ISBN: cos’è, come ottenerlo e perché

Studio MES ci spiega che il codice ISBN (International Standard Book Number) è una sequenza di numeri che permette di identificare ogni edizione di un libro.

Su ogni edizione dei libri messi in commercio si trova infatti il codice ISBN, il quale è composto da 13 cifre ed è quasi sempre affiancato da un codice a barre.

Il codice a barre non è altro che una “traduzione” delle 13 cifre sotto una veste grafica, che permette a librerie, commercianti etc. di scansionare rapidamente il codice, senza doverlo copiare manualmente.

Come per le targhe dei veicoli, il codice ISBN è univoco, ogni edizione del libro ha un codice che identifica a livello internazionale quella sola edizione. Lo stesso codice ISBN non può quindi essere riutilizzato su nessuna altra opera.

Per questi motivi, se l’autore pubblica più edizioni di un’opera, dovrà acquistare un ISBN per ogni edizione. Ad esempio, dovrà acquistare un nuovo ISBN se:

  • modifica il contenuto, il titolo o la struttura dell’opera (es. inserisce nuove pagine o illustrazioni);
  • cambia il formato di stampa dell’opera, ad esempio pubblica una versione ebook o tascabile;
  • pubblica una traduzione dell’opera.

Non sarà invece necessario richiedere un nuovo ISBN se l’edizione dell’opera non cambia, ad esempio se:

  • effettuata una semplice ristampa, anche con eventuali correzioni di refusi;
  • cambio la copertina dell’opera;
  • cambio il prezzo di vendita.

Dotare la propria opera di un codice ISBN non è obbligatorio, tuttavia la sua presenza è richiesta dai commercianti (ad esempio dalle librerie) per metterla sul mercato. Senza ISBN, la fatturazione, la gestione di librerie e biblioteche, l’evasione degli ordini e tante altre operazioni risultano molto più macchinose e inefficaci.

La funzione dell’ISBN è quindi quella di essere una sorta di “carta d’identità” del libro (o meglio, dell’edizione). La sua presenza rende molto più agile la circolazione dell’opera, sia sul mercato, sia in generale tra i lettori, i quali attraverso il codice possono verificare se l’opera è disponibile nelle biblioteche o nelle librerie.

Come ottenerlo

I codici ISBN vengono emessi esclusivamente dall’Associazione Italiana Editori (AIE)1.
L’emissione del codice può essere richiesta sia dall’editore che dall’autore.

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CODICE DI CONTROLLO. La prima parte del codice ISBN identifica il mondo del libro. Le prime tre cifre sono infatti quelle che nella rappresentazione a barre del codice ISBN nel sistema GS1 identificano il mondo del libro. I prefissi forniti da GS1 International sono 978 e 979.

Nella maggior parte dei casi, quando si pubblica a mezzo di un editore, è quest’ultimo a richiedere l’ISBN, anche perché gli è permesso acquistare i codici “in blocco” ad un prezzo ridotto.
Anche il singolo autore, tuttavia, ha la possibilità di richiedere l’ISBN direttamente dal sito www.isbn.it. Se l’autore volesse tentare la via del self-publishing, potrebbe infatti richiedere un singolo codice, il quale è attualmente distribuito al prezzo di € 80,00. Ovviamente, se l’autore volesse pubblicare lo stesso libro in più formati – copertina rigida, tascabile, ebook – dovrebbe richiedere un codice distinto per ogni formato perché ognuno rappresenta un’edizione diversa della medesima opera, e come già detto, ogni edizione ha un suo ISBN univoco.

Esiste, inoltre, la possibilità di pubblicare la propria opera attraverso piattaforme come Amazon KDP, che provvedono in via autonoma ad assegnare gratuitamente un codice ISBN. In questo caso, l’autore deve unicamente ricordare che spesso queste piattaforme permettono di utilizzare quell’ISBN solamente sul proprio marketplace, pertanto se poi l’autore volesse distribuite l’opera su altri canali, dovrebbe acquistare un altro ISBN o rivolgersi ad un editore.

È obbligatorio? E in caso di self-publishing?

Come già anticipato, il codice ISBN non è obbligatorio, ma la sua mancanza limita fortemente la possibilità per l’opera di essere scambiata sul mercato.
Se ci rivolgiamo ad un editore, l’ISBN verrà sicuramente apposto all’opera. Allo stesso modo se passiamo per Amazon KDP l’ISBN verrà assegnato. In questo caso possiamo scegliere tra apporre il nostro ISBN – autonomamente acquistato – o apporre quello fornito gratuitamente da Amazon KDP ma che, come detto, ci permetterà di vendere solo sul suo marketplace.

Il self-publisher che voglia distribuire la sua opera può quindi farlo senza richiedere l’ISBN, ma sarà consapevole che incontrerà molte difficoltà nel commercializzarlo. Sicuramente questa può essere una soluzione “economica” se si ha intenzione di distribuire l’opera ai proprio conoscenti per valutare se l’opera viene apprezzata. In caso di esito positivo, l’autore potrà procedere poi a richiedere l’ISBN e a proporre l’opera alle librerie, alle piattaforme online o ad un editore classico.

Il caso degli ebook

L’ebook è un’edizione dell’opera, quindi, anche ad esso è normalmente assegnato un ISBN, che generalmente viene visualizzato nella prima schermata dell’ebook.

A differenza dei libri cartacei, nel caso degli ebook la presenza dell’ISBN comporta anche una differenza nel prezzo di vendita dell’ebook stesso. La legge prevede, infatti, che l’IVA ordinaria del 22% sia ridotta al 4% per tutti i prodotti editoriali.
Tuttavia, l’Agenzia delle entrate, nel marzo 2019 ha chiarito che la presenza dell’ISBN nelle edizioni elettroniche – come gli ebook – è necessaria per ottenere l’applicazione dell’IVA al 4%. Se manca l’ISBN, si applica quindi l’IVA ordinaria al 22%.

È chiaro, dunque, che nel caso degli ebook, anche sotto il profilo economico conviene richiedere l’ISBN. Se così non fosse, saremmo costretti a vendere il prodotto ad un prezzo superiore, oppure a mantenere lo stesso prezzo ma riducendo la rendita economica dell’opera.

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NOTE
1. https://www.isbn.it/DOCS.asp.

 

Il contratto di edizione: elaborazioni e trasformazioni dell’opera

Studio MES ci spiega come tutelarsi quando gli editori tentano di ottenere dall’autore anche i diritti economici derivanti da possibili elaborazioni e modifiche future delle nostre opere.

Iniziamo col ribadire che ogni autore, dopo aver creato un’opera, diventa l’unico titolare:

  • dei diritti morali (cioè il diritto ad essere riconosciuto come il vero autore dell’opera);
  • dei diritti economici (cioè il diritto di avere un profitto economico dall’opera).

Mentre i diritti morali non possono essere trasferiti a nessun altro soggetto, i diritti economici possono essere trasmessi liberamente a chiunque, purché nelle modalità consentite dalla legge.
Tra i diritti economici, rientrano, in particolare:

  • il diritto di riprodurre l’opera (ad esempio di stampare una graphic novel);
  • il diritto di distribuirla al pubblico (cioè, di vendere la graphic novel che si è stampata).

A volte, però, gli editori tentano di ottenere dall’autore anche i diritti economici derivanti da possibili elaborazioni e modifiche future dell’opera. Un esempio tipico è quello di un editore, che oltre al diritto di stampare la graphic novel, inserisce nel contratto anche il diritto a vendere un eventuale lungometraggio tratto da quella graphic novel;

un’altra ipotesi può essere quella di una vignetta che una volta diventata virale, venga apposta su magliette o gadget per incrementarne la vendita.

Che succede, dunque, se qualcuno modifica la mia opera o la trasforma in un’altra forma artistica o letteraria?

Tra i diritti economici concessi dalla legge sul diritto d’autore al creatore dell’opera rientra anche il diritto di elaborazione dell’opera 1 .
Questo diritto, previsto dall’art. 4 della legge sul diritto d’autore, indica che la tutela del diritto d’autore comprende anche tutte le modifiche svolte sull’opera originaria, come ad esempio la traduzione di un libro in una lingua differente o la sua trasformazione in un’altra forma letteraria o artistica.2 Ed infatti, un caso di trasformazione dell’opera in un’altra forma artistica è quello dell’adattamento cinematografico di un’opera letteraria, consistente nella trasformazione di quest’ultima in un film (o cartone animato).

In questo modo, quindi, anche il risultato della modifica di un’opera preesistente – tecnicamente indicata come opera derivata – sarà tutelata dal diritto d’autore, sia con riguardo ai diritti morali che ai diritti economici.

Al riguardo, è importante tenere presente che, se l’opera derivata è stata realizzata da un soggetto diverso dall’autore dell’opera originaria, i diritti economici e quelli morali spettano alla persona che ha realizzato le modifiche. Tuttavia, questi diritti possono essere esercitati solo se l’autore dell’opera originaria dà il suo consenso.

Ne deriva, quindi, che mentre la realizzazione di un’opera derivata è un’attività lecita, è illecito invece il suo sfruttamento senza il consenso dell’autore dell’opera base.

Quanto sopra detto è previsto dall’art. 18 della legge sul diritto d’autore, che tutela l’autore
dell’opera originaria, precisando che il diritto esclusivo di elaborare comprende tutte le forme di modificazione, di elaborazione e di trasformazione dell’opera previste nell’art. 4″ e che all’autore stesso spetta ” il diritto esclusivo di introdurre nell’opera qualsiasi modificazione”.

Un contratto di edizione trasferisce all’editore il diritto di utilizzare le opere modificate e di ottenerne un profitto?

Il contratto di edizione attribuisce all’editore, in via esclusiva, il diritto di pubblicare l’opera, riprodurla e quindi distribuirla al pubblico. Il contratto di edizione standard, perciò, prevede il trasferimento all’editore dei diritti legati alla stampa e alla vendita al pubblico dell’opera.

La legge sul diritto d’autore, tuttavia, prevede che le parti del contratto – cioè autore e editore – possano concordare di trasferire all’editore, oltre al diritto di stampare e vendere l’opera originaria, anche i diritti economici su future modifiche o trasformazioni dell’opera.

Per riprendere l’esempio della graphic novel, autore e editore potrebbero concordare che
quest’ultimo, oltre a poter stampare e vendere la graphic novel, potrà anche commercializzare le copie di un possibile futuro lungometraggio tratto dalla graphic novel stessa, oppure realizzare “stampe” su oggetti come magliette, borracce e gadget vari.

Si sottolinea però che, l’accordo riguardante i diritti economici delle opere modificate o trasformate, deve risultare chiaramente dal contratto, perciò, non può essere contenuto in una clausola generica inserita nel contratto, né tantomeno può essere desunto dal contenuto complessivo dell’accordo. In sostanza, nel contratto di edizione dovrà essere specificato per quali modifiche dell’opera vengono ceduti i diritti economici. L’autore, infatti, potrebbe, ad esempio, scegliere di cedere i diritti di vendita sul futuro lungometraggio, ma non invece quelli per la stampa dei gadget.

Quindi, se una determinata modifica o trasformazione dell’opera non viene indicata nel contratto, il titolare dei diritti di utilizzazione economica della stessa continuerà ad essere l’autore dell’opera originaria 3.

Per ultimo, è bene sapere che ogni modifica o trasformazione dell’opera è autonoma. L’autore potrebbe quindi concedere ad un determinato editore il diritto di commercializzare il lungometraggio, e ad un altro editore quello di stampare e vendere magliette con impresso il logo della graphic novel. Allo stesso modo, l’autore potrebbe anche scegliere un editore per distribuire il film in Italia, ed un altro per venderlo in Germania.

In conclusione, all’autore, quando conclude un contratto di edizione, conviene limitare il più possibile il trasferimento all’editore dei diritti sulle modifiche o trasformazioni dell’opera. Questo risulta conveniente perché l’autore rimarrebbe libero di negoziare in un momento successivo un nuovo contratto sulle modifiche e trasformazioni dell’opera, economicamente più vantaggioso, ovvero quando l’opera sarà già conosciuta dal pubblico ed avrà incrementato il suo valore economico.

Nella pratica, quando si sta negoziando la cessione dei diritti di edizione a favore di un editore è importante, quindi, fare particolare attenzione ad eventuali clausole che prevedano l’attribuzione all’editore di altri diritti economici sulle modifiche e trasformazioni, ed eventualmente, se ritenute sconvenienti, insistere per la rimozione.

Testi  ©Studio MES
Concept e grafica ©Daniel Trudu
Render 3D ©Dario Danielli

StudioMES

NOTE
1. Per una descrizione maggiormente esaustiva si vedano gli artt. 12-19 della legge sul diritto d’autore.
2. Il diritto di elaborare l’opera consiste nella possibilità di realizzare tutte le modifiche ed elaborazioni della stessa, tra le quali la traduzione in un’altra lingua, le trasformazioni in un’altra forma letteraria o artistica, le modificazioni ed aggiunte che costituiscono un rifacimento sostanziale dell’opera originaria, gli adattamenti, le riduzioni, i compendi, le variazioni non costituenti opera originale.
3. Sul punto, anche la teoria dello scopo, prevede che gli effetti traslativi del contratto debbano essere limitati a quanto effettivamente voluto dalle parti, ed ogni interpretazione delle rispettive volontà vada svolta in termini restrittivi.